Alto Adige, Kerner, vino dello spirito
Si chiama kerner ed è uno dei vini bianchi più ricercati dell’Alto Adige. Lo si ottiene dalle uve dell’omonimo vitigno, nato in Germania negli anni Trenta del secolo scorso, che, in Alto Adige, ha trovato uno dei suoi habitat d’elezione.
In particolare, tra i tanti produttori che oggi lo coltivano, ci sono anche due abbazie antichissime e bellissime, il cui fascino aggiunge quel tocco di mistico e spirituale a un nettare di per se ben strutturato e generoso di profumi.
Stiamo parlando dell’Abbazia di Novacella, in Valle Isarco, la prima ad aver vinificato il kerner in purezza e quella di Sabiona a Chiusa, incorniciata da una scenografica geometria di vigneti.
KERNER, VINO D’ALTA QUOTA
E’ nato quasi cento anni fa in Germania, il kerner, incrociando il Riesling renano alla Schiava Grossa e ottenendo un’uva a bacca bianca, molto aromatica, con un’ottima propensione ai climi montani, caratteristiche che lo rendono diffuso in territori come l’Alto Adige, in Italia; l’Austria e, naturalmente, la Germania.
Foglia pentalobata, scura, dai margini dentellati; grappoli piccoli e compatti per non dire cicciottelli, acini tondi e fitti, di colore giallo-verde e con buccia sottile, sono le principali caratteristiche estetiche.
A livello di papille gustative, vale invece la pena sottolineare che il kerner, doc dal 1993, è un nettare dal carattere strutturato, leggermente più ruvido e sapido di un riesling; ricchissimo di aromi e sentori vegetali. Una chicca per gli amanti del genere.
Il colore giallo trasparente, l’aroma fresco, con note di mela, pompelmo, financo di mango, ne fanno un compagno eccellente per aperitivi e primi piatti delicati, pesce alla griglia, crostacei, formaggi.
E grazie alla sua natura acida, il kerner si presta molto bene anche alla spumantizzazione secondo il metodo Charmat.
VITIGNO DA ABBAZIE: NOVACELLA
L‘Alto Adige consacra ai vitigni di kerner un piccolo paradiso come la Valle Isarco, ai piedi delle Dolomiti, dove la prima a vinificarlo fu, agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso, l’Abbazia di Novacella, a Varna, sopra Bressanone, a cui conferivano le uve tanti piccoli produttori della zona.
Oggi, nonostante ciascuno produca kerner con un’etichetta propria. l’abbazia rimane il primo produttore altoatesino, con un volume di circa 130mila bottiglie l’anno, attirando frotte di visitatori e wine lovers, che hanno modo di degustare vini eccellenti e riempirsi gli occhi di bellezza, dato il grande pregio storico-architettonico dell’intero complesso.
Novacella è il piccolo regno dei monaci agostiniani, vanta una storia che data 1142, quando un certo Regimbert, feudatario del luogo, la fondò per questi canonici e la loro missione di guida spirituale per gli abitanti della valle.
Il XV secolo vide l’abbazia al culmine del suo splendore, vero e proprio faro di fede, arte e cultura, capace di attirare architetti e artisti di fama, che fecero della chiesa uno strabiliante tempio tardo gotico, di cui ammiriamo ancora oggi l’imponente coro a più navate.
Ma i rovesci del destino, si sa, sono sempre dietro l’angolo e i secoli successivi non furono per niente facili. Prima la rivolta dei contadini, nel 1525, con tanto di saccheggio; poi la conversione a complesso tardo-barocco a metà Settecento; infine, la soppressione del monastero decretata dal governo bavarese, nel 1807, fecero si che beni, terreni, oggetti preziosi finissero svenduti, messi all’asta e dispersi per tutto il Tirolo, mentre i canonici Agostiniani riparavano nelle parrocchie del circondario.
Solo il ritorno del Tirolo all’Austria, nel 1816, consentì il ripristino del convento, seppur spoglio e poverissimo. Fu una fase di strenua sopravvivenza, finché, nel 1895, si riuscì finalmente a ristrutturare la chiesa abbaziale e dar vita a un nuovo corso. I guai non erano però finiti, perché i bombardamenti delle due guerre mondiali furono pesantissimi e decisamente lunghi i conseguenti restauri, terminati solo agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso.
Oggi, Novacella è ancora un luogo di bellezza artistica e delizie enologiche, con cantina (si fa viticoltura dal 1142!), distilleria, un’enoteca coi fiocchi, un convitto, un centro convegni, che offre anche corsi e consulenze; il tutto animato da un manipolo di canonici, che seguono altrettante parrocchie e naturalmente, l’intero complesso, che snocciola stili di epoche diverse, sapientemente amalgamati tra loro.
Nonostante l’antico presbiterio gotico, la chiesa di Santa Maria Assunta sfoggia un gran barocco, pomposo e insuperabile. La biblioteca, che occupa ben due piani del monastero, raccoglie più di 65mila volumi, compresi codici miniati, opere scientifiche e quello che è riconosciuto come il più piccolo manoscritto al mondo.
Al centro del cortile, il Pozzo delle Meraviglie, in stile rinascimentale con la sua edicola mossa dai fregi con le otto meraviglie del mondo.
Appena fuori dal complesso abbaziale, spuntano infine la cappella di San Michele, un tempo ospizio per i pellegrini che scendevano a Roma dal nord Europa. E il giardino storico, con l’orto delle piante officinali e quello barocco, con aiuole impeccabili e bellissime fontane.
SABIONA, UNA FORTEZZA TRA I VIGNETI
Sabiona è decisamente più austera e raccolta, il che la fa assomigliare a una fortezza, che svetta da uno sperone di roccia sopra il paesino di Chiusa, con la sua cinta murata e i filari di kerner, le cui uve vengono lavorate e trasformate in ottimo vino dalla Cantina Valle Isarco.
Anche qui, la storia non scherza: il complesso fu sede vescovile del Tirolo dal 550 d.C. al suo trasferimento in quel di Bressanone, nel 970.
Oltre al monastero, sede per lungo tempo delle monache benedettine, non mancano gioielli di architettura sacra che, da soli, valgono il viaggio, come la chiesa della santa Croce, che conserva parti delle mura della basilica originaria datata XII secolo, l’abside riccamente decorata e il magnifico crocifisso quattrocentesco dell’altare maggiore. O la torre di San Cassiano, unico e ultimo reperto dell’antico castello vescovile.
Più in basso, spunta la chiesa conventuale con la pregevole scultura dell’arcangelo Michele munito di bilancia per la pesatura delle anime e ancora più sotto, la chiesa barocca della Nostra Signora, con ricchi stucchi e affreschi nell’interno della cupola e un magnifico fonte battesimale. Non ultima, la cappella delle Grazie di impianto romanico, rimaneggiata successivamente in stile neogotico.
Nel piazzale, infine, spicca l’antica torre dei Signori, un edificio massiccio che serviva da alloggio ai cappellani.
Tutt’intorno, è silenzio, natura, colori e profumi dell’autunno. Raggiungere l’abbazia richiede una passeggiata, piacevolissima, di circa mezz’ora, partendo dal paesino di Chiusa, che se ne sta accoccolato ai suoi piedi.
INFO
Come raggiungerle:
l’abbazia di Novacella si trova 3 km fuori Varna; per chi viaggia in auto, dalla A22 l’uscita è Bressanone, da dove si prosegue sulla statale 12. Chi viaggia in treno, può scendere a Chiusa o a Bressanone e proseguire in autobus. Per gli orari delle visite guidate, degustazioni, corsi e tutte le altre attività è consigliabile consultare il sito www.kloster-neusift.it , in italiano;
per Sabiona, si segue la A22 del Brennero fino all’uscita Chiusa-Val Gardena e poi la statale 242 fino al borgo di Chiusa e da qui, a piedi.