Venezia dietro la Maschera .
Il Carnevale di Venezia, uno dei simboli più sfarzosi e spettacolari della città lagunare, non ha certo bisogno di presentazioni, mentre chi lavora dietro le quinte, creando maschere da sogno, vere protagoniste dalla kermesse, rimane spesso nell’ anonimato.
Con questo articolo, vogliamo allora portarvi alla scoperta dei mascareri, gli artigiani specializzati in maschere di cartapesta, eredi di una tradizione secolare, che affonda le radici nel 1400 e che ancora oggi incarna la parte più viva dell’artigianato veneziano di qualità.
LUOGHI da FAVOLA
Varcare la soglia delle loro botteghe e dei loro atelier è come entrare in una dimensione magica, fuori dal tempo. Una dimensione anche un po’ contagiosa, che mette addosso una gran voglia di vestire i panni di Arlecchino, Colombina e dei molti altri personaggi della Commedia dell’Arte veneziana e tuffarsi nel turbillon di feste, sfilate, danze e cortei che animano uno dei Carnevali più famosi del mondo.
Visitare questi luoghi, fucine di creatività, estro e fantasia, è anche l’occasione per capire cosa significhi veramente, per Venezia, l’arte del mascheramento. Un gesto antico, un rito collettivo che superava ogni logica di ceto sociale (la maschera celava l’identità, rendendo così tutti uguali).
Un rito che i veneziani praticavano in molte occasioni, non solo a Carnevale, ma anche per la Festa dea Sensa, l’Ascensione di Cristo, o per l’elezione del Doge; per i ricevimenti o gli spettacoli teatrali; durante i giochi d’azzardo o gli incontri galanti.
Nel Quattrocento, la maschera di cartapesta era così diffusa, che il Doge Foscari concesse ai mascareri un vero e proprio Statuto.
LE MASCHERE EVERGREEN
Molti travestimenti in voga al tempo della Serenissima continuano ad essere indossati ancora oggi. A cominciare dalla bauta, che comprende una maschera bianca chiamata larva, un cappello nero a tre punte e un tabarro dello stesso colore.
Oppure, la moretta di velluto nero; la gnaga, con sembianze di gatta o la civetta, che copre solo gli occhi. E il Medico della Peste, avvolto in un mantello nero, con cappello a falde larghe e in mano, una bacchetta, per non toccare gli abiti degli ammalati. Il volto era protetto da occhiali e da una maschera bianca col naso grosso e prominente, per contenere spezie e miscugli di piante officinali che proteggevano dal morbo.
GLI ARTIGIANI
All’inizio degli anni Ottanta del ‘900, dopo due secoli di oblio (alla caduta della Serenissima, nel 1797, i nuovi governanti bandirono i mascheramenti, non tollerando che tanta parte della vita sociale fosse condotta sotto mentite spoglie), il Carnevale di Venezia riprese vigore. E più per gioco che per scommessa, Mario Belloni di Cà Macana, nei pressi di Campo San Barnaba, iniziò a produrre maschere con altri studenti della facoltà di Architettura.
Oggi, nel laboratorio e nei due showrooms, Mario Belloni propone creazioni in cartapesta e cuoio di tutti i tipi: piccole, grandi, sobrie, esagerate, ispirate ai personaggi della Commedia dell’Arte o tutte di fantasia.
Su pareti e scaffali campeggiano baute e morette; civette con lustrini e piume multicolori; volti con espressioni incredibili, che rendono la bottega una specie di antro fantastico.
Qui, si possono inoltre scoprire tecniche e materiali di lavorazione e dipintura fatta rigorosamente a mano.
Il calco in gesso viene staccato dalla forma madre in argilla e rivestito all’ interno con vari strati di strisce di carta incollati. Una volta essiccata, la maschera di cartapesta viene staccata dal calco e con il bisturi, si tagliano occhi, narici, bocca e si rifinisce il contorno. La superficie viene quindi uniformata con una mano di colore, per procedere poi alla decorazione vera e propria.
Le creazioni di Cà Macana sono state protagoniste nei teatri e sono state commissionate anche da registi famosi, come Stanley Kubrick, che le utilizzò in Eyes Wide Shut, il suo ultimo film del 1999.
Nella bottega laboratorio Papier Maché, in sestiere Castello, Stefano Gottardo e i suoi collaboratori trasformano dal 1977 la carta pesta in maschere classiche o moderne ispirate a Picasso, Kandinsky e Modigliani.
Si tratta naturalmente di pezzi unici, perché il lavoro di modellatura richiede precisione e perizia: gli strati di carta, in alcuni punti più sottili, in altri, più spessi, devono risultare resistenti e flessibili allo stesso tempo.
Sempre a Castello, al 4964 di Fondamente dell’Osmarin, c’è Cà del Sol, la bottega di un altro artigiano famoso, Hamid Seddighi, di origini persiane, ma da tanti anni a Venezia.
Anche qui, ci si ritrova in un microcosmo fatto di maschere tradizionali, di cuoio, ceramica o pizzo inamidato. Tutte dipinte a mano e arricchite con nastri, cristalli e persino ricoperte con la foglia d’oro.
Si possono naturalmente acquistare le maschere della tradizione veneziana, quelle ispirate alla Commedia dell’arte (Arlecchino, Pantalone, ecc.) o modelli più estroversi, con merletti e piume colorate.
E’ bellissimo vedere Hamid lavorare o insegnare ai corsi per bambini e adulti, al termine dei quali ciascuno può tornare a casa con la propria maschera.
La FESTA in MASCHERA sul GALEONE
Ora che avete scoperto come nascono le maschere tradizionali del Carnevale di Venezia, che ne dite di indossarne una, vestirvi in tema e prendere parte alla grande kermesse a bordo di un bellissimo galeone con tanto di cena, danze e brindisi finale? Per prenotare una notte da sogno, cliccate qui
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