Il turismo del vino muove oggi in Italia circa 14 milioni di persone l’anno, stime di Città del Vino, per un giro d’affari di 2 miliardi e mezzo di euro. Un viaggio nell’Italia del vino significa turismo a tutto tondo, attraverso territori ricchi di arte, cultura, paesaggio, tradizioni, gastronomia, nel segno della condivisione e della sostenibilità.
Si calcola che, oggi, la aziende attrezzate per la wine hospitality siano all’incirca 10mila circa; altre, circa 20mila, sono cantine aperte al pubblico.
Dati che devono far riflettere sul fatto che l’immenso patrimonio enologico e gastronomico del nostro Paese è sicuramente tra le principali attrattive non solo per gli italiani, ma anche e soprattutto per gli stranieri, che si avvicinano alle aziende enoturistiche per vivere esperienze immersive e coinvolgenti, che vadano oltre la semplice degustazione e/o l’acquisto dei vini.
CHI E’ L’ENOTURISTA
L’enoturista è colui che cerca e si aspetta un certo tipo di ospitalità, capacità di accogliere e raccontare sia un vino che un territorio. Aspetti, questi, che richiedono visione, formazione e organizzazione; elementi che non possono essere lasciati all’improvvisazione o al pressappochismo.
E’ inoltre un turista “esigente”, giustamente esigente, sempre più attento alla sostenibilità e alla sicurezza nel senso più ampio del termine, anche in conseguenza dell’esperienza pandemica.
Se esercitato in maniera corretta, strutturata e professionale, l’enoturismo ha tutte le carte in regola per diventare un vero e proprio ramo d’azienda, un settore remunerativo e gratificante, interprete di un turismo consapevole e sostenibile, con ricadute positive non solo sulle aziende, ma anche sui territori in cui queste operano.
Dico spesso e sempre queste cose agli imprenditori vitivinicoli e agli studenti degli istituti alberghieri e del turismo che incontro: l’enoturismo è una grande opportunità per tutti. Ci si deve però far trovare formati e preparati.
Recentissimi studi di settore (Città del Vino e Nomisma-Wine Monitor) hanno messo in evidenza come la pandemia abbia impresso una notevole accelerata al settore, complici le esigenze di distanziamento, vita all’aria aperta, distanze comode, cambiando anche il volto degli enoturisti: più italiani, più donne, più giovani, più cosiddetti turisti per caso. Un flusso sicuramente interessante, che va intercettato con un’offerta adeguata e professionale su tutti i fronti, dalla prenotazione all’accoglienza all’intrattenimento.
I DATI DELLA RICERCA
La recente ricerca di Nomisma-Wine Monitor evidenzia che il 92% delle cantine offre accoglienza ai turisti (74% durante tutto l’anno) e alla domanda di come vedano l’enoturista del futuro, le aziende rispondono che sarà un visitatore sempre più alla ricerca di esperienze in prima persona (79%); desideroso di attività all’aperto sia di prossimità (59%) che internazionale (66%); trasversale per fasce d’età (59%); con un potere di spesa tra i 50 e i 100 euro (43%), ma che domani potrebbe spendere molto di più se l’offerta riuscisse a segmentare maggiormente le proposte.
La ricerca ha infine evidenziato come il fatturato da enoturismo abbia un valore marginale maggiore per quelle aziende piccole escluse dalla grande distribuzione o dai mercati esteri (circa il 14% degli introiti complessivi a fronte del 6% dichiarato da quelle grandi); aziende che si trovano ad operare in realtà periferiche, a volte marginali, lontane dai grandi flussi turistici, diventando però strategiche per il presidio e la salvaguardia del territorio.
ESEMPI DI VALORE
Sono tanti, fortunatamente, gli esempi di successo lungo la nostra Penisola, dal Piemonte alla Sicilia, dal Friuli alla Sardegna . E tra i tanti, voglio menzionarvi i cosiddetti Vinum Hotels Sudtirol, in Alto Adige, dove valenti viticultori, enologi ed esperti di vino sono diventati a poco a poco anche albergatori, solerti padroni di casa, che si fanno in quattro, per offrire una vacanza-esperienza a tutto tondo nel mondo del vino.
Si tratta di strutture a conduzione familiare, con poche camere, venute su a poco a poco. Dal mestiere di viticultore si è arrivati a quello di albergatore ampliando la tenuta prima di qualche camera fino a realizzare un alberghino tra i vigneti, dove si possono fare rilassanti passeggiate tra i filari, in compagnia di chi di vino se ne intende, visitare le cantine, partecipare a degustazioni personalizzate o a piccoli corsi, concedersi coccole salutiste nelle Spa i cui trattamenti sono rigorosamente a base di uva, vivere insomma l’esperienza del vino a trecentosessanta gradi, tra storie di famiglie, curiosità, tradizioni, buon cibo e ottimi abbinamenti.