Friuli, alla ricerca delle erbe spontanee
Primavera, natura che germoglia e tempo di raccolta delle erbe spontanee: Sclòpit, radic di mont, bruscandoli, sambuco, tarassaco, asparagi selvatici e molte altre diventano protagoniste di piacevoli passeggiate in angoli incontaminati di Friuli Venezia Giulia e di squisite ricette regionali.
Gli itinerari consigliati vanno dai sentieri del Carso, tanto triestino quanto goriziano, alle vallate della Carnia, del Tarvisiano e delle Dolomiti Friulane, alle strade delle Valli del Natisone, senza togliere nulla ai prati del pordenonese, ricchi di risorgive, e a quelli della bassa friulana.
Nelle vallate carniche, per esempio, i contadini e i malgari raccolgono da sempre il radic de mont, che spunta sugli alpeggi dopo che si sono sciolte le ultime nevi, solitamente a maggio, caratteristica per cui viene chiamato anche radic dal glaz. Si tratta di un saporitissimo radicchietto selvatico, Presidio Slow Food, utilizzato nelle insalate e nella frittata.
Sempre nei prati della Carnia, è possibile raccogliere il levistico o sedano di montagna, le cui foglie fresche vengono impiegate in carni, brodi, stufati, baccalà, mentre il seme maturo può essere utilizzato per insaporire insalate e schiacciate, poiché il suo aroma è simile a quello del sedano ma più delicato.
Se si prediligono le passeggiate a quote più basse, nella sola provincia di Gorizia, si possono raccogliere ben 19 tipi di erbe spontanee, fra cui i germogli di luppolo (urtissoni o bruscandoli), il sambuco, l‘asparago selvatico o asparagina.
I prati del medio Friuli e gli argini golenali offrono una ricca varietà di erbe spontanee commestibili: melissa, acetosa e acetosella, malva, achillea, borraggine, crescione dei prati, rosole o papavero selvatico, erba cipollina, aglina e aglio orsino.
Altro paradiso erbicolo sono i sentieri che costeggiano il fiume Isonzo, verso il confine con la Slovenia, luoghi già ben noti e amati anche dalla nobiltà asburgica in villeggiatura.
L’erba spontanea più famosa tra i bambini e nelle cucine delle loro nonne è la silene o sclòpit(Silene vulgaris), termine che deriva dall’usanza di schiacciare i suoi fiori sul dorso della mano, provocando il rumore di un piccolo scoppio. La silene cresce abbondante nei terreni incolti, nei prati stabili e assume nomi differenti a seconda delle zone regionali: grisòl, carleti, s’ciopeti e nella cucina popolare viene utilizzata nelle fritatte o nei ravioli di magro.
Infine il tarassaco o dente di leone, dai cui fiori giallo intenso si può anche ricavare un finto miele o miele dei poveri, che può essere utilizzato per glassare le omelette, una specie di sciroppo d’acero mitteleuropeo.
E se si ha la perseveranza di attendere maggio inoltrato, si può trovare la salicornia o asparago di mare; pur non essendo un’alga, sprigiona nel gusto tutta la salinità del mare. Si raccoglie nelle zone lagunari di Grado e Marano o sulle isolette lagunari ed è ottima come accompagnamento al pesce, sbollentata o fritta e condita a piacere.
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Crediti fotografici: A. Campanile; A. Castiglioni