Outback, cuore rosso d’Australia
L’Australia è un’immensa isola-continente o continente-isola, mettetela come vi piace. Tutta circondata/o da oceani. La popolazione si concentra lungo le fasce costiere, tanto a est quanto a ovest, tanto a nord quanto a sud. Mentre l’interno è un rosso, sconfinato, incredibile, sfaccettato Outback, come si dice in loco, “quel che sta dietro”, dietro alla cosiddetta civiltà.
Una terra di nessuno e di tutti. Forte. Aspra. Indomita. Dove il senso di libertà è dilatato all’ennesima potenza, dove la natura assume gli aspetti più inconsueti e impensati. E dove gli uomini hanno dato prova di una non comune capacità di adattamento. Tanto Alberto quanto io, abbiamo deciso di raccontarvelo un po’ alla volta, questo Outback, di farvelo scoprire come lo abbiamo scoperto noi. Ma prima di scendere nei dettagli, di descrivervi le sue mille facce, i suoi diecimila aspetti, vogliamo tratteggiarvelo un po’ in generale, darvene un piccolo affresco, una sorta di bussola che orienti al viaggio, insieme a queste immagini che, da sole, dicono forse più di tante parole.
L’Outback, intanto, non ha un confine geografico preciso, a dispetto dei cartelli ad uso e consumo dei turisti, che recitano “The Outback starts here!”. E’ una realtà che attraversa tutti gli stati del continente, che coinvolge fette sconfinate di territorio; è una regione a volte più ideale che geografica; è la memoria, la testimonianza, lo stile di vita dei pionieri.
Outback è l’orizzonte piatto e disabitato; una pista sterrata di cui non si vede mai la fine. E’ la polvere rossa che ti entra nei vestiti e nell’anima. E’ la distesa di arbusti e cespugli brulli, che sanno vivere di nulla.
Outback sono i laghi salati, bianchi, abbacinanti, pezzi di Antartide, li ha definiti qualcuno, piovuti in pieno deserto rosso, le cui crepe disegnano bizzarre figure geometriche che, in certe zone, non reggono neppure il peso di una persona.
Outback è il tramonto di fuoco capolinea della giornata, oltre il quale è bene non proseguire il viaggio, perché, col buio, è alto il rischio di scontrarsi con la mole di un canguro in corsa.
Outback sono le temperature torride del giorno e rigide della notte, drastiche cadute della colonnina, che si cerca di esorcizzare con bevande calde attorno al fuoco dei bivacchi.
Outback sono i tanti, meravigliosi parchi naturali, dove la natura si esprime in una multiforme, forte, inaspettata, ruvida e prosperosa bellezza, dai Flinders al Kakadu National Park, da Nitmiluk ai Devil’s Marbles al Gawler Ranges e molti altri.
Outback è Uluru ovvero Ayers Rock, il rosso e grosso monolito (350 metri di altezza per quasi 4 km di lunghezza), che si erge su una landa piatta; la montagna sacra degli aborigeni Anangu, sito Unesco per eccellenza, tranquillamente profanata dai turisti che salgono regolarmente in cima.
Outback è l’Explorer’s Way o, più modernamente, la Stuard Highway, nastro d’asfalto di tremila chilometri, che collega Adelaide, sulla costa sud, a Darwin, su quella nord, toccando parchi, montagne, laghi salati e luoghi surreali come Coober Pady, la città dei cercatori di opale, popolata da minatori e avventurieri da ogni angolo di mondo.
Outback sono pub con pompe di carburante sperduti nel nulla, dove, entrando, ti accorgi essere invece frequentati da torme di camionisti e viaggiatori da ogni angolo del pianeta, e dove osti barbuti ti offrono birra o black rat (versione locale del cuba libre, rhum e cola), spiegandoti che non puoi dire di conoscere l’Outback se prima non ti sottoponi al battesimo di questa o quella strada dei pionieri.
Outback sono i folti gruppi di dromedari a zonzo, se ne contano più di 500 mila, nonostante qualcuno finisca spesso in pentola. Oggi, purtroppo, sono una minaccia per le riserve d’acqua, l’ambiente, la biodiversità. Furono portati qui dall’Asia, nell’800, per trasportare i materiali utili alla costruzione della storica Ghan, la ferrovia che avrebbe dovuto collegare il nord al sud Australia, ma che non fu mai realizzata, perché i progettisti sbagliarono alla grande, tracciando un percorso che attraversava un’ampia zona alluvionale, tra Marree ed Alice Sprigs.
Outback è la New Railway Ghan, realizzata finalmente nel 1982, per collegare Adelaide a Darwin via Alice Springs, il cui tracciato corre più ovest di quello originario e richiede due giorni di viaggio, soste escluse.
Outback sono le terre rosse e ocra con cui gli aborigeni si dipingono il viso e le mani, e utilizzano nei loro dipinti tutti puntini e segni geometrici. Forme che, curiosamente, si ritrovano osservando il bush dall’alto, da una mongolfiera o da un piccolo aeroplano, nelle modulazioni di colore, nell’alternanza degli ambienti.
Outback sono le fattorie isolate, dove i bambini frequentano la “school of the air”, ascoltando le lezioni via radio e consegnando i compiti via e-mail.
Outback sono i mitici stivaletti da cowboy R.M. William e i cappelloni in pelle di canguro. Immancabili nel guardaroba dei drovers, gli allevatori che, fino a qualche anno fa, prima che la siccità imperversasse e costringesse ad annullare l’iniziativa, erano i protagonisti della Cattle Drive, la storica transumanza del bestiame, fatta rivivere per i turisti.
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