Paestum (Sa), Quattro passi nella Grande Bellezza
I templi sono lì davanti, alti, maestosi, imponenti, con quelle colonne che sfidano il cielo. Il mare è a un tiro di schioppo, se ne avverte il respiro filtrato dai lidi e dalla pineta. L’area è grandissima e il silenzio avvolgente, rotto di tanto in tanto da un alito di vento. Alle spalle, la cortina verde degli Alburni, una montagna discreta, forte e umile allo stesso tempo.
Benvenuti, cari amici, in uno degli angoli più belli di quella che gli antichi romani chiamavano Campania Felix, il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, in provincia di Salerno, il cui Parco Archeologico di Paestum, classificato Patrimonio UNESCO nel 1988, ne rappresenta la punta di diamante.
Non ci sono aggettivi sufficienti per descrivere la grandezza e la bellezza di quest’area di circa 120 ettari, accoccolata nella piana del Sele, dove l’Europa moderna incontra le sue radici greche e dove lo sguardo spazia su uno dei siti archeologici tra i meglio conservati al mondo.
I suoi straordinari templi dorici ci proiettano indietro di 2500 anni e ci raccontano di quando un gruppo di coloni greci provenienti da Sibari sbarcarono qui e iniziarono a urbanizzare, racchiudendo il tutto in 5 km di mura, che ancora oggi rappresentano una testimonianza unica dei sistemi difensivi delle città della Magna Grecia.
I TEMPLI GRECI
Varcato l’ingresso sud del sito, ci si ritrova di fronte a due templi spettacolari: quello di Hera, la compagna di Zeus, il più antico, chiamato anche Basilica dagli studiosi settecenteschi e quello vicino, più grande e imponente, detto di Nettuno, associato al culto della città che, all’epoca dei dominatori lucani, si chiamava Poseidonia e che studi più recenti hanno invece attribuito al culto di Giove o di Apollo.
Il primo fu costruito tra il 540 e il 530 a.C., è scandito da 50 colonne in travertino alte più di 6 metri e internamente presenta una cella con una fila centrale di 6 colonne che lo divide in due navate. Mentre il secondo (450 a. C.), lungo circa 60 metri, sfoggia una struttura mastodontica ma perfetta nelle proporzioni, incarnando la principale testimonianza dorica della Magna Grecia, nonché l’ultimo esempio di architettura sacra prima dell’arrivo dei dominatori Lucani e Romani.
Al capo opposto, in posizione leggermente rialzata e all’ombra di rigogliosi pini marittimi, spunta il terzo grande tempio, dedicato molto probabilmente ad Atena, la dea della guerra e delle armi, anche se, nella vulgata quotidiana, si continua a chiamarlo di Cerere. Risale alla fine del terzo secolo a.C., è il più piccolo dei tre e a caratterizzarlo è un elegante pronao, che introduceva alla cella della divinità.
Tutti e tre danno vita a uno spettacolo grandioso, a fatica si riesce a staccare lo sguardo dalle scanalature delle colonne, dai toni caldi del travertino e dell’arenaria, dai basamenti e dai capitelli che, seppur segnati dal tempo, sprigionano un fascino magnetico.
Immaginate cosa possa essere un tramonto in questa cornice, quando la palla rossa del sole scende a mare inondando di luce aranciata la sagoma color ambra del tempio di Nettuno e quelle un po’ più pallide dei templi di Hera e Atena. Uno spettacolo nello spettacolo !
LA CITTA’ ROMANA
I tesori del parco archeologico non finiscono però qui. Se è vero che della città greca, templi a parte, non rimane molto, giusto l’agorà, la tomba del fondatore e l’ekklesiasterion (l’edificio a cavea circolare utilizzato per le assemblee pubbliche), l’epoca romana, dal 273 a.C., ci ha lasciato vestigia in abbondanza, distribuite lungo tutta la cosiddetta Via Sacra, l’antico cardo che collega la porta sud a quella nord: il grande foro, con terme, botteghe, quartieri residenziali, sfarzose dimore di età imperiale e ville finemente decorate; l’anfiteatro, edifici pubblici e religiosi; la piscina, il campus per le esercitazioni ginniche. Insomma, una ricchezza e una vivacità notevoli, tipiche dei grandi centri marittimi e agricoli, ruoli che Paestum mantenne fino al IV secolo d.C., quando iniziò una lenta ma inesorabile decadenza causata dalla costruzione della strada tra Capua e Reggio Calabria, che spostò l’asse dei grandi traffici, riducendola a piccolo approdo per i commerci locali.
L’intera area si può tranquillamente esplorare dall’interno grazie a un percorso di visita strutturato e in parte senza barriere architettoniche, che consente di entrare in edifici millenari come la Basilica. In alcuni periodo dell’anno, è anche possibile assistere in diretta ai nuovi scavi, durante i quali gli archeologi, coadiuvati da studenti e volontari, riportano alla luce edifici, mura, fortificazioni. Un’esperienza sicuramente emozionante.
IL MUSEO ARCHEOLOGICO
Parte integrante del Parco è il vicino Museo Archeologico Nazionale, uno dei più importanti e visitati d’Italia, con oltre due milioni di reperti provenienti sia da Paestum che dalla vicina Foce Sele, dove si trova il cosiddetto Santuario di Hera, da cui provengono le splendide metope, ammirabili dalla galleria, insieme a ricche collezioni di elementi architettonici in terracotta e pietra, di oggetti votivi, corredi e lastre funerarie per lo più di epoca lucana, esclusa la più famosa e antica, di provenienza greca, detta del Tuffatore, il cui significato divide e appassiona ancora oggi gli studiosi.
Come dicevamo, dal 1998, il Parco Archeologico di Paestum fa parte del Patrimonio Mondiale Unesco e dal 2014 è un complesso museale autonomo del MIBACT, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. A coordinare il tutto, un direttore giovane e zelante, il tedesco Gabriel Zuchtriegel, che ha profuso sforzi non indifferenti per rendere il parco il più possibile fruibile, sulla scorta del concetto che l’archeologia è un processo di ricerca altamente condivisibile e, in quanto tale, patrimonio di tutti.
LA GRANDE FRUIBILITA’
Cifra di tanto impegno sono stati l’abbattimento delle barriere architettoniche su parte del percorso ai templi; la possibilità di visitare a piccoli gruppi i depositi del Museo, pieni zeppi di bellissime pietre tombali dipinte; il prolungamento degli orari di visita; i laboratori didattici per bambini e famiglie e quelli del gusto in collaborazione con Slow Food Cilento; “Un Tuffo nel Blu”, percorso museale autism friendly; le visite al buio con lanterne al Santuario meridionale; l’iniziativa “Adotta un blocco delle Mura”, per finanziare la manutenzione dell’intero complesso. E poi concerti, spettacoli di teatro, iniziative in collaborazione con l’Associazione Amici di Paestum, volti al mantenimento e alla valorizzazione di quella che, senza alcun dubbio, è un esempio unico di Grande Bellezza.
QUALCHE CONSIGLIO PER RENDERE PIACEVOLE IL VOSTRO SOGGIORNO
Provati per Voi
Paestum e il suo circondario sono un territorio pieno di attrattive per soggiorni non solo all’insegna della cultura e dell’archeologia, ma anche della natura, della buona cucina e del relax.
*Se amate camminare, non perdete il Sentiero degli Argonauti, che collega i templi al mare; un tracciato di facile percorribilità, lungo circa 2 km curato da Legambiente, che si dipana tra storia e paesaggio. Le escursioni guidate si tengono ogni prima domenica del mese, il costo è incluso nel biglietto d’ingresso al Parco Archeologico, nel biglietto annuale Paestum Mia e nella card Adotta un blocco delle Mura.
Al ritorno, uno dei luoghi ideali per godere lo spettacolo del tramonto sui templi sono i tavolini all’aperto del Bar Museo, magari davanti a un aperitivo o a una coppetta di profumato yogurt fatto con latte di bufala.
*Se vi sentite più gastronauti che argonauti, qui andate davvero a nozze, il territorio offre eccellenze e ghiottonerie in quantità. A cominciare dalle deliziose mozzarelle e ai tanti latticini prodotti con il latte delle bufale allevate sia in pianura che sui primi contrafforti collinari. Squisitezze che potete trovare nei ristoranti, negli spacci dei caseifici e in punti vendita boutique, come Dispensa 1988 dell’Azienda Agricola San Salvatore di Peppino Pagano, in località Cafasso, una specie di porta d’ingresso alla grande gastronomia cilentana nonché luogo ideale per far scorte anche di legumi secchi, salumi, formaggi e vini da vitigni autoctoni, il cui logo porta la firma del grande Gillo Dorfles.
O alla Tenuta Vannulo, a Capaccio Scalo, nei cui prati pascolano mansuete bufale dal manto nero. L’azienda agricola biologica schiude al suo interno spazi di degustazione e ristorazione; un curatissimo museo della civiltà contadina e una conceria, perché con la pelle delle bufale si confezionano borse e accessori d‘abbigliamento di grande qualità.
Altro must tutto cilentano sono i fichi lavorati a mano come tradizione comanda e interpretati secondo lo stile di Santomiele, un’azienda leader o meglio una vera e propria Officina del Gusto, annidata nel borgo di Prignano Cilento. Nei suoi interni minimal, la modernità incontra un sapere antico: i fichi di cultivar Dottato vengono attentamente selezionati, essiccati al sole e accuratamente lavorati a mano, quindi sposati alle mandorle di Puglia, alle noci di Sorrento, agli agrumi locali, al cioccolato. Dalla spremitura del fico essiccato si ottiene inoltre la Melassa, un nettare di colore bruno, utilizzata non solo nei dolci ma anche su carni e formaggi.
*Se dopo tanti su e giù per pianura e collina, vi sentite stanchi e l’idea di un buen retiro non vi dispiace, il consiglio è quello di far rotta nel paesino di Omignano, dove si aprono le porte di Iumara, antica dimora di campagna fresca di restauri dove la cura e l’attenzione per l’ospite sono la cifra della miglior ospitalità cilentana.
Le nove camere ampie e luminose, dotate dei comfort più moderni e allestite con materiali locali, come il cotto artigianale o la ceramica di Vietri o la mescola di pietra lavica, garantiscono il totale riposo e relax. Mentre al ristorante, lo chef Andrea D’Anna saprà intrattenervi piacevolmente con i suoi piatti a base dei prodotti freschi dell’azienda e del territorio rivisitati con gusto e leggerezza.
Crediti fotografici: Parco Archeologico di Paestum; Mondi Nostri; Santomiele Srl; Iumara Cibo e Ospitalità.
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