Trentino / Al Carnevale di Valfloriana
Valfloriana è uno degli angoli più intimi e nascosti di Trentino Orientale, un mondo di silenzi e semplicità lontano anni luce dai riti del turismo di massa. A definirlo sono piccoli borghi che rispondono ai nomi di Pozza, Sicina, Casatta, Dorà, Pradel, Valle, Palù, Casanova, Montalbianco; fontane di pietra, masi centenari, case affrescate, edifici sacri con piccoli tesori d’arte e una popolazione che non supera le 500 anime. Tredicesimo comune della Val di Fiemme, Valfloriana schiude agli amanti di trekking e scialpinismo tracciati ed emozioni senza fine, complici le vette ardite del Lagorai, una delle catene più belle e selvagge, articolata tra Val di Fiemme e Valsugana.
E mentre in quota ci si misura con la natura forte delle Dolomiti, a valle si celebra uno dei Carnevali più arcaici, colorati e suggestivi dell’arco alpino: il Carnevale di Valfloriana. Le sue origini secolari sono legate ai cortei nuziali che, in montagna. si celebravano per lo più nei mesi invernali, liberi dalla fienagione e dalle altre attività agricole.
Il Sabato Grasso, quest’anno 10 febbraio, a partire dalle dieci del mattino, i figuranti cominciano a sfilare con il volto nascosto dalle facère, le maschere tradizionali, fatte e dipinte a mano da abili artigiani che impiegano legno di cirmolo, molto bello, duttile e profumato.
Il corteo parte da Sicina, la frazione più alta, dove compaiono i matoci, le maschere tradizionali riconoscibili dai loro costumi variopinti, decorati con nastri, pizzi e coccarde. Dalla loro cintura pende un campanello, il bronzin e tra le loro mani non manca mai un bastone in legno di ginepro.
Il loro incedere goffo viene spesso interrotto dai paesani ai quali piace ironizzare e spettegolare su vicende private e collettive, dando vita al cosiddetto contrèst, lo scambio di battute sanguigne e irriverenti, condotto rigorosamente in dialetto.
Il corteo continua così da una frazione all’altra e ai figuranti tocca talvolta di doversi cimentare nel superamento di ostacoli fisici come sbarre di legno, tavoli e altro.
A questo punto, entrano in scena gli Arlecchini, i belli del corteo, per via dei loro abiti variopinti e il cappello appuntito dal quale pendono tanti nastrini di raso. Danzano con leggiadria, sventolando con grazia un fazzoletto colorato. Alle loro spalle seguono gli sposi: l’uomo nelle vesti della sposa e la donna in quelle dello sposo. E poi i suonadori con la fisarmonica, gli invitati, le “maschere bele”, figure ben vestite con il volto celato dietro alla maschera di legno e i paiaci, che invece indossano facére deformi.
Sono loro sono i protagonisti di salaci pantomime, ispirate agli eventi più discussi, chiacchierati e pruriginosi del paese. Il tutto condito dall’ ampia e vivace partecipazione dei valligiani.
Il corteo si arricchisce infine dei coscritti riconoscibili dall’elegante cappello nero a falde larghe, decorato con fiori, nastri colorati e con la coda di un gallo forcello, un copricapo più che tradizionale, che viene addirittura benedetto nel giorno di Santo Stefano, il 26 dicembre.
Il freddo e i fiocchi di neve che volteggiano nell’ aria sembrano proprio non disturbare il folto corteo di figuranti lungo gli otto chilometri di percorso e neppure i tanti turisti e curiosi, che hanno modo di ritemprarsi e contrastare la brusca discesa della colonnina di mercurio con una buonissima supa de orz (zuppa d’orzo), con canederli, polenta, formaggi di produzione locale e vin brulé fumante preparato in grandi paioli. Il tutto termina in comune a Casatta, con grostoli, frittelle e il ballo carnevalesco, che si protrae anche fino al mattino.
E’ questo il modo migliore per salutare l’arrivo della primavera e la fine dell’inverno.
Info: Valfloriana è raggiungibile con l’autostrada A22 del Brennero, uscire a Egna-Ora e proseguire per Val di Fiemme e Val di Fassa. Dopo aver seguito le indicazioni per Castello, a sinistra, girare a destra per Molina, continuando per Valsugana, Val di Cembra, Trento.
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