Trentino, autunno in Val Vanoi
A piedi sui sentieri di boscaioli e malgari, tra masi e mulini antichi, paesaggi pennellati dal foliage e musei che raccontano la lunga storia del territorio.
E’ quello che offre in autunno la Val Vanoi, in Trentino, un territorio un po’ nascosto, fuori dalle grandi rotte turistiche, stretto tra i graniti del Gruppo Cima d’Asta a ovest e i porfidi della catena del Lagorai a nord e a est; una sorta di tesoro insospettato e, proprio per questo, estremamente affascinante.
<<Qua xe nato el mondo>> ci racconta Stefano Dal Bello, valligiano sanguigno che, dal 2012, gestisce il Rifugio escursionistico Refavaie, dove imperano canederli con lo speck, trota di laghetto, formaggio fuso con le uova. <<La Valle del Vanoi ha il fascino della montagna autentica, senza fronzoli: colmèi (gruppi di case) arroccati su pendii scoscesi, orti disposti su terrazze per sfruttare al meglio le poche aree coltivabili, masi con i tetti di scandole di legno circondati dai boschi, chiesette affrescate da artisti itineranti, cime solitarie>>.
Proprio per la sua non facile raggiungibilità, il Vanoi ha conservato nei secoli peculiarità naturalistiche, rurali e culturali straordinarie e assolutamente uniche, che troviamo declinate in foreste impenetrabili, laghetti trasparenti, un centinaio di vette alte più di 2000 metri e creste spettacolari.
Qui, è possibile camminare per ore senza incontrare anima viva, respirare il profumo dei boschi, scoprire le tracce dell’orso bruno, ascoltare il bramito dei cervi e il rumore dei campanacci delle mucche al pascolo.
Nelle ore centrali della giornata, l’aquila reale sorveglia il territorio; secondo un comunicato LIPU, nella catena del Lagorai nidificherebbero dieci coppie di questi esemplari, circa il 2% dell’intera popolazione presente in Italia.
LA VALLE OGGI
Considerata un po’ il cuore verde del Trentino, la Valle del Vanoi occupa una superficie di circa 125 chilometri quadrati, compresi tra i 450 metri del fondovalle e i 2754 metri di Cima Cece.
Storicamente in bilico tra il confine dell’Impero Austroungarico e quello del Regno d’Italia, la valle ospita oggi stabilmente poco meno di 1700 abitanti, concentrati a Canal San Bovo e nelle sue frazioni: Caoria, Cicona, Gobbera, Lausen, Prade, Ronco e Zortea.
Dal 1994 si raggiunge agevolmente con il traforo del Monte Totoga, un tunnel di poco più di 3 km, che unisce il Primiero a Lausen, evitando la strada tortuosa del Passo Gobbera o quella della Cortella, parallela al corso del Torrente Vanoi, resa impraticabile dal 2010 dalla caduta di alcuni blocchi di roccia staccatisi dalle pareti sovrastanti.
L’economia valligiana era, ed in parte è, legata all’agricoltura, all’allevamento e alle foreste. Fin dal XIV secolo, i boschi del Vanoi fornivano la materia prima per le galee dell’Arsenale di Venezia. Le bore (tronchi in dialetto) prima fluitavano sulle acque del Vanoi e del Cismon, poi sul Brenta.
A supporto di questo commercio sorsero falegnamerie e segherie, come la Siéga de Valzanca, una segheria idraulica multi-stadio alla veneziana, ricostruita e resa funzionante alla fine del secolo scorso dal Parco Paneveggio Pale di San Martino. Sorge in località Pònt de Stél, nel luogo dove fino al 1954, si trovava un’analoga costruzione ottocentesca. La struttura, con il basamento di pietra e le pareti di legno, comprende una ruota idraulica a cassettoni collegata ad un complesso sistema di ingranaggi che, grazie alla forza dell’acqua, muove una robusta lama verticale.
COSA FARE E COSA VEDERE
La Siéga si trova all’inizio dell’Anello dei Pradi, uno dei 4 bellissimi percorsi tematici del Sentiero Etnografico. Privo di difficoltà tecniche, l’ itinerario porta alla scoperta dei Pradi de Tognola, pascoli punteggiati da una manciata di storiche casette rurali, per lo più in legno, costruite con il sistema Blockbau, dove i tronchi sono disposti orizzontalmente uno sopra l’altro fino a formare le pareti.
Il tutto è ricoperto da un tetto a due falde in scandole di larice, le più resistenti alle intemperie. Alcune sono private, altre di proprietà del Parco Paneveggio Pale di San Martino. Si può, per esempio, visitare quella di Tita Loss, che fino al 2000 visse qui durante i mesi estivi.
I Pradi de Tognola sono suggestivi tutto l’anno e in particolare, in autunno, quando la natura del Vanoi regala i colori più accesi. Per rendersene conto, basta salire a Cima Paradisi, fotografare il Lago di Calaita con il riflesso del Cimon de la Pala o incamminarsi alla Forcella Folga, dove oltre ai larici dorati si scorgono tre singolari cerchi verdi, perfetti, che la tradizione popolare attribuisce alle temibili streghe dell’Alpe Pisorno.
A valle, vi consigliamo invece una visita alla Casa dell’Ecomuseo del Vanoi, in Piazza Vittorio Emanuele III 9, a Canal San Bovo, ingresso libero e aperta tutto l’anno, un prezioso contenitore culturale per scoprire il territorio a 360 gradi.
SAPORI DI VALLE
Innanzitutto, la Toséla, un formaggio candido e fresco, preparato con latte intero appena munto. Tagliata a fette alte un dito, si rosola per pochi minuti nel burro opportunamente salato e si serve calda, con finferli trifolati, lucanica locale e polenta fumante. Semplicemente deliziosa!
Ma, nel Vanoi, a Malga Fossernica di Fuori, all’ombra di Cima Paradisi, si produce anche il mitico Botiro de Malga, un burro preparato esclusivamente nei mesi estivi, con la panna dal latte di vacche che brucano solo erba e fiori d’ alpeggio. Questo straordinario Presidio Slow Food è ancora fatto nel rispetto delle tecniche tradizionali, in zangole che agitano la panna fino a rapprendere la parte grassa e separare il latticello.
Un altro straordinario prodotto locale è la lucanica cauriota, ottenuta da carne di maiale magra di prima scelta (non si usa la noce), macinata e insaporita con pepe macinato, aglio, chiodi di garofano, cannella e altre spezie scelte e opportunamente dosate dal bechèr (macellaio). Dopo un periodo di stagionatura, le lucaniche vengono spesso affumicate impiegando braci di legno di ginepro.
Quando è fresca, la lucanica cauriota si serve cucinata alla piastra, accompagnata da funghi misti trifolati e polenta fumante. Se stagionata, si consuma tagliata a fette, come un salamino. E si può acquistare nella storica Macelleria Caser (oggi accorpata al Market Vèm) di Caoria che segue una ricetta antica, nel rispetto di una licenza rilasciata il 28 giugno del 1914 dall’Imperial Regio Capitanato Distrettuale di Primiero.
Le produzioni locali d’eccellenza spaziano poi dal miele dell’Apicultura Rattin di Ronco allo zafferano prodotto da una piccola azienda di Zortea; dalle confetture dell’Agritur Santa Romina ai formaggi di capra (caciotte, tomini e robiole) dell’Azienda Agricola del Mazarol.
Crediti fotografici: Alberto Campanile
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