Valle d’Aosta, quando la Fontina chiama
Non c’è Fontina vera senza Valle d’Aosta e non c’è Valle d’Aosta senza Fontina vera. Quello che è il formaggio regionale per eccellenza, una delle squisitezza del made in Italy, rappresenta una voce importantissima della cultura gastronomica e dell’economia locali, muovendo un piccolo esercito di produttori, affinatori, commercianti e ristoratori.
Un volano più che prezioso per il territorio, del quale, trovandoci nel cuore dell’inverno, abbiamo voluto seguire la fase di stagionatura in un posto assolutamente speciale: la vecchia miniera di rame di Preslong, a Frissonière, nell’ alta Valpelline. Un ambiente unico e spettacolare, a quota 1147 metri, all’ interno di una galleria lunga sei chilometri, scavata nella roccia viva, rimasta produttiva fino agli anni Quaranta del secolo scorso e poi, una volta dismessa, trasformata in centro di stagionatura, dove gli oltre 300 soci della Cooperativa Produttori Latte e Fontina portano le loro forme per la maturazione e l’affinamento, approfittando di condizioni ideali di temperatura e umidità.
Ogni anno, arrivano qui circa 180 mila forme di Fontina, sottoposte a tre diversi cicli di stagionatura, come previsto dal Disciplinare di produzione: tre mesi per un formaggio giovane e dolce; sei per una stagionatura media e otto-nove per una Fontina che esprime il massimo di sé, vale a dire, un capolavoro. Al momento della tassellatura, il campione prelevato dalle forme deve avere caratteristiche di morbidezza ed elasticità della pasta, profumo di latte ed erbe, e un sapore dolce declinato dalla componente grassa, che assume carattere via via più marcato a seconda della stagionatura, evitando però note forti o amare.
Non vi nascondiamo che fa un certo effetto visitare i Magazzini e le vecchie gallerie scavate nel ventre vivo della montagna, dove si vedono ancora i binari sui quali transitavano i carrelli col materiale di scavo. Si cammina naso all’ insù, tra muraglie a perdita d’occhio di forme tonde e gialle di Fontina, ordinate con precisione millimetrica su assi di legno per ben 22 piani, in un ambiente saturo di umidità e aromi avvolgenti.
Da non perdere assolutamente, una visita al Centro Visitatori, a fianco del Magazzino, dove, attraverso filmati, documenti, fotografie, supporti multimediali si possono conoscere la storia e i processi di lavorazione e affinamento di quello che è il formaggio alpino per eccellenza, di cui purtroppo non mancano imitazioni e contraffazioni.
Raffigurato per la prima volta in un affresco del Castello di Issogne e menzionato espressamente in un registro dell’Ospizio del Gran San Bernardo dei primi del Settecento, questo formaggio a crosta lavata, ‘grasso a pasta semicotta’, si produce esclusivamente con latte intero di vacche autoctone (Pezzata rossa, nera e castana), allevate con l’erba fresca dei pascoli estivi o con fieno. Terminata la stagionatura, le forme marchiate con un logo che raffigura il Cervino stilizzato, sono pronte per la vendita e, a questo punto, occhio al numero identificativo: se inferiore a 511, significa che la Fontina è stata prodotta col latte degli alpeggi; se superiore, con latte di latteria.
La Fontina gioca un ruolo da protagonista anche in tanti piatti della tradizione valdostana, a cominciare dalla Zuppa Vapellenèntze di cui vi raccontiamo nel relativo post, ma anche nella Fonduta o nella Polenta concia. La prima irrefrenabile tentazione è però quella di gustarne una fetta al naturale, accompagnandola a pane nero casereccio e a un bicchiere di Torrette o Petit Rouge, corposi e terragni rossi valdostani. Il modo senz’ altro migliore per gustarne tutta la dolcezza e morbidezza, unite al profumo di latte ed erbe di montagna.
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