Varallo Valsesia (Vc), tra sacro e profano
Poco meno di settemila abitanti e un numero considerevole di chiese, musei, pinacoteche, biblioteche. E un Sacro Monte, primo in assoluto in Europa nonché Patrimonio Unesco, che sorveglia dall’alto il centro abitato.
Benvenuti a Varallo (Alto Piemonte, Vercelli), il capoluogo artistico e culturale della Valsesia, la cui storia, tradizione e bellezza gli ha meritatamente guadagnato il titolo di Città d’Arte.
Sono sincera, non vi avevo mai messo piede e sono rimasta non poco stupita da una cornice naturale così generosa, che fa da quinta a questa cittadina ai piedi del Monte Rosa e del Parco Naturale dell’Alta Valsesia, meravigliosamente sospesa tra sacro e profano.
Ma scopriamola insieme.
LA SALITA AL SACRO MONTE
La salita stessa è un’esperienza bellissima attraverso il bosco sacro, avvolti dal silenzio della natura autunnale, calpestando il tappeto color bronzo delle foglie dei faggi, a cui l’umidità regala sfumature brillanti.
Di passo in passo, ci si avvicina alla prima delle 45 cappelle che fanno del Sacro Monte di Varallo una piccola Gerusalemme.
Si, perché, alla fine del XV secolo, era proprio questa l’intenzione del francescano milanese Benedetto Caimi: consentire a tutti coloro che non potevano permettersi un viaggio in Terrasanta di rivivere le vicende delle Sacre Scritture ambientate in loco, secondo usi e i costumi di queste valli.
Risultato, 45 cappelle disseminate nella natura, ognuna delle quali racconta con un’incredibile forza scenica episodi della vita e della passione di Cristo e una grandiosa Basilica dell’Assunta che svetta sulla sommità del Monte, a 608 metri di quota.
Un vero e proprio “teatro montano”, come è stato definito e non solo per il luogo, ma anche perché le architetture richiamano quelle tradizionali valsesiane, con protagoniste 800 statue in legno e terracotta policroma a grandezza naturale (diversi abiti sono in tessuto e i capelli realizzati con crine di cavallo maschio) e oltre quattromila figure affrescate, che portano la firma di grandi maestri, primo fra tutti Gaudenzio Ferrari e poi Tanzio da Varallo, Bernardino Lanini, Francesco Mazzucchetti detto il Morazzone e altri.
Il tutto consente agli odierni pellegrini di rivivere i fatti del Vangelo con stupore e coinvolgimento emotivo, perché non ci si aspetta tanta forza ed efficacia narrativa in uno scampolo di roccia tra le Alpi.
Una prima parte di cappelle, acquattata nel bosco, si concentra cronologicamente sugli episodi biblici da Adamo ed Eva all’arrivo di Gesù in Gerusalemme; la seconda, strutturata invece come una vera e propria città, con piazze e palazzi, narra i fatti dall’Ultima Cena alla Passione e Resurrezione di Cristo fino all’Assunzione della Vergine.
Proprio a quest’ultima è dedicata la chiesa ottocentesca, che domina la piazza, con la sua bella facciata in pietra chiara opera di Giovanni Cerutti, che nelle belle giornate illumina la sommità del Monte.
Oltre che a piedi e in auto, nella bella stagione, il Sacro Monte è raggiungibile anche con una comoda funivia che parte da Varallo, nei pressi della chiesa di Santa Maria delle Grazie.
ARTE TRA LE ANTICHE CONTRADE
E’ considerata la capitale culturale della Valsesia, Varallo e a rendermene conto non ci metto molto, passeggiando per strade, vicoli e piazzette che schiudono chiese, oratori, ville e palazzetti nobiliari spesso adibiti a musei, biblioteche, pinacoteche.
La mia passeggiata inizia da corso Umberto, l’ampia arteria centrale sulla quale affacciano il teatro e la maestosa Collegiata barocca di San Gaudenzio, che domina letteralmente la piazza sottostante, vera e propria sentinella del centro storico.
Al tramonto, le lucine del Natale rendono la passeggiata ancor più piacevole, complice il fascino intrigante delle antiche contrade, il cui nome è tutto un programma.
La Contrada del Burro, per esempio, direttrice cruciale per la storia dell’intera valle:<<Da qui sono passati un po’ tutti, mercanti, artisti, soldati, predicatori e uomini di sapere, per raggiungere l’alta valle e i valichi montani>>, mi spiega Monica la nostra guida, il che lascia intendere quali e quanti influssi possa aver avuto questa cittadina che conta oggi poco più di seimila abitanti.
Ma, oltre a quella del Burro, ci sono anche la Contrada del Vino o l’antica Piazza della Tela, fiancheggiate da case e palazzetti dai colori tenui, abbelliti da balconcini in ferro battuto.
Riguadagnando corso Umberto, una tappa d’obbligo è la Bottega dell’Artigianato, vetrina dell’artigianato tipico locale, tempio di Puncetti, Scapin e di tante bellissime creazioni in legno e materiali naturali, frutto dell’inventiva e delle abilità manuali delle genti valsesiane.
Il Puncetto è una tecnica di merletto il cui nome significa piccolo punto, i cui strumenti sono ago, filo e tanta pazienza, mi spiegano le signore che animano questa bottega laboratorio.
Nelle fredde sere invernali, rappresentava una delle attività preferite dalle donne che, con precisione e dedizione, davano vita a piccoli capolavori, che andavano a ornare lenzuola, tende, tovaglie, asciugamani, i costumi femminili e i paramenti sacri.
Nel corso dei secoli, i segreti di quest’arte sono stati tramandati oralmente attraverso le generazioni e ogni paese della valle ha elaborato un suo disegno tipico, che nasce dal gioco di vuoti e di pieni. Quello valsesiano è leggero come la filigrana, pulito e simmetrico nelle geometrie come un intarsio.
Immancabili nel guardaroba di un valsesiano doc, gli scapin o scufun, le pantofole a prova di freddo alpino, nate insieme ai primi insediamenti Walser in queste valli.
Realizzati con stoffe di recupero e materiali naturali, come la canapa intrecciata nelle suole, gli scapin erano una calzatura umile ma molto comoda, calda, sana e resistente.
Oggi, si realizzano con materiali ben più preziosi e ricercati: velluto, panno, alpaca, cachemire, anche se nulla è cambiato nella lavorazione completamente manuale.
Quattro passi ancora ed ecco il Ponte Antonini, sotto il quale scorrono le acque verdi e vivaci del torrente Mastallone, che nasce sui fianchi della montagna e sigla qui una piacevole passeggiata lungofiume.
Il mio Varallo tour si conclude con una vera e propria chicca, un capolavoro che molti hanno ribattezzato “la Sistina della Valsesia“: la Parete Gaudenziana nella chiesa di Santa Maria delle Grazie, un affresco di straordinaria bellezza, composto da 21 formelle dal forte impatto visivo, raffiguranti ciascuna scene della vita di Gesù.
Gaudenzio Ferrari fu il maggior esponente della scuola pittorica piemontese del Cinquecento; a Varallo visse a lungo, lasciando, insieme ai suoi allievi, opere pregevoli, che si possono ammirare nella Collegiata, nella Pinacoteca, in diverse chiese cittadine e al Sacro Monte.
GLI EVENTI DA NON PERDERE
Carnevale, affonda le sue radici in una tradizione antica e molto sentita. Ogni anno, dal 6 gennaio, la città è governata da Re Marcantonio e dalla sua consorte Cecca, che offrono agli abitanti feste, balli, divertimento, momenti culturali e pranzi a base di paniccia, gustoso e corroborante minestrone preparato con riso, verdure, legumi e pancetta.
Alpàa, ogni anno a luglio, è un’attesissima vetrina della vita e dei prodotti di montagna, con strade e piazze piene di stand con prodotti enogastronomici e di artigianato tipico; rassegne artistiche e culturali, concerti con star internazionali.
Mercatino dell’Antiquariato, l’ultimo sabato di ogni mese su corso Roma, occasione ghiotta per curiosare tra banchi di monete, oggettistica, dischi, fumetti, produzioni hobbistiche e artigianali.
Info: Turismo Biella Valsesia Vercelli
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