Venezia / Tra Bàcari, Ombre e Cicheti .
Queste belle giornate novembrine sono ideali per una capatina a Venezia, una città che il mondo ci invidia, dove gli eventi culturali fanno tutt’uno con le bellezze architettoniche e dove può essere piacevole condividere i piccoli riti quotidiani di chi abita il centro storico. Riti come, per esempio, andar per bàcari, le antiche e tradizionali mescite di vino, dove, tra un calice e l’altro, si conversa, si degustano assaggini di cibo, si gioca a carte e si socializza. Il bàcaro è, storicamente, ben più di una semplice osteria, è un luogo di ritrovo che ogni veneziano, pardon, venexiano ha scritto nel DNA.
Fin dal tempo della Serenissima Repubblica, a Venezia, le osterie si distinguevano per i vini che servivano agli avventori. Nelle Malvasie, per esempio, si bevevano i cosiddetti vini navigati, provenienti da Malvasia, località greca nel Peloponneso. I Bastioni erano cantine di infima categoria, dove si smerciava vino scadente, spesso annacquato. Mentre i bàcari erano luoghi di buona qualità, frequentati da uomini di cultura, musicisti, scrittori, come Carlo Goldoni, che qui trovava anche ispirazione per i personaggi delle sue commedie.
Il bàcaro era luogo di grande socializzazione, dove tra un ombra, un bicchier di vino, e un cicheto, stuzzichino goloso fatto con quel che la terra e il mare regalavano, si trascorrevano ore amene. Questo, allora come oggi, nonostante di questi locali Venezia ne conti sempre meno. Luoghi dalla memoria e dal fascino unici, che il proliferare di paninoteche e locande più o meno acchiappaturisti ha ridotto in modo notevole.
Ma qualche bàcaro, covo dell’autentica venezianità, grazie al cielo, esiste ancora tra le pieghe del centro storico. Un centro storico popolato da poco meno di 70mila anime, in una città sempre più ostaggio dei turisti.
Un bàcaro si riconosce innanzitutto dall’aspetto: locale poco appariscente; insegna che ricorda un fatto, un luogo, un oggetto particolare. Arredi essenziali, come un bancone, qualche tavolo, le botti da cui il vino veniva travasato direttamente nelle caraffe; vecchie foto o qualche quadro alle pareti. Avventori che giocano a briscola, scopa, tresette, mettendo spesso in palio la mitica ombra.
Nel cuore di Rialto, per esempio, si annida l’Osteria ai Do Mori, dove si mesce vino dai tempi di Giacomo Casanova, habitué di queste calli, dove trovava compagnia tra le fanciulle del Ponte delle Tette. A due passi dal celebre Mercato, dove si vende il pesce più fresco di Venezia, l’Antico Dolo è gettonato anche dalle signore che, a metà mattina, ultimata la spesa, non sanno rinunciare a una porzioncina di tripa rissa, trippa bollita con aromi e servita calda con un pizzico di sale. A una seppiolina grigliata, a un assaggio di polenta e schie (i gamberi) o ad altro raffinato bocconcino a base di pesce.
Poco distante, in Ruga Rialto è praticamente impossibile non perdere la testa davanti alla grande varietà di cicheti ben presentati annaffiabili con vini bianchi o rossi.
Come dicevamo, ai tavoli dei bàcari si servono assaggini e piccoli piatti legati sia al mare che alla campagna, a base quindi di pesce e molluschi, di carne, verdure, insaccati. Una cucina rigorosamente stagionale e rispettosa delle tradizioni, mi spiegano Al Portego, che è anche ristorantino, in Calle della Malvasia. Per la festa del patrono San Marco, non mancano risi e bisi, il riso coi piselli. Per il Redentore, le sarde in saor, marinate nell’aceto e nella cipolla. Per la festa della Madonna della Salute, la castradina , carne di montone seccata e affumicata.
A Venezia, il giro delle ombre inizia presto, alle dieci del mattino. Per un venexiano che si rispetti, bere un calice con l’amico incontrato in calle è un rito tanto usuale quanto inossidabile. Bene lo sanno a La Vedova, in zona Ca’ d’Oro, uno dei bàcari più antichi e famosi, oggi locale ben restaurato, dove la clientela è un fedele spaccato della società veneziana e gli appetitosi cicheti diventano valide alternative al pranzo, soprattutto se si hanno tempi stretti.
Il bàcaro non conosce basse stagioni, ma è soprattutto in autunno e in inverno che vive il suo momento d’oro, quando cibo e vino diventano i migliori antidoti al freddo e all’umidità. Il cicheto assume così mille forme e sapori, si passa dal mezzo uovo sodo con l’acciuga al pezzettino di polenta con sopra del baccalà fumante; dalla polpetta di carne o di tonno al fondo di carciofo passato in padella; dalla spienza (milza di manzo) alla seppia fritta. Dulcis in fundo, come ai tempi della Serenissima, zaleti da tociar nel vin dolse, golosi biscottini gialli, con farina di mais e uvetta da inzuppare nel vino dolce.
Per concludere, una curiosità: ogni giorno, a Venezia, si consumano più di 50mila ombre, numero ragguardevole, se si pensa che la città lagunare conta soltanto 75mila abitanti. La curiosa etimologia del termine deriverebbe (il condizionale è d’obbligo) dal fatto che, in passato, i venditori ambulanti, per mantenere fresco il vino, spostavano le damigiane seguendo l’ombra del campanile della Basilica di San Marco.
I nostri indirizzi * Osteria Cantina Ai Do Mori San Polo 429, Calle dei Do Mori, tel. 041.5225401; * Ostaria Antico Dolo Ruga Vecchia San Giovanni 778, Rialto, tel. 041.5226546 ; *Antica Ostaria Ruga Rialto, San Polo 692, tel. 041.5211243 ; * Ostaria Al Portego, Castello San Lio 6015, Calle Malvasia, tel. 041.5229038; * Osteria Ca’ d’Oro alla Vedova Ramo Ca’ d’Oro 3912, Cannaregio, tel. 041.5285324 ; * Al Timon Cannaregio, Fondamenta Ormesini 2754 (a due passi dal Ghetto), tel. 041.5246066 ; * All’Arco Calle Arco San Polo (vicino al Ponte di Rialto), tel. 041.5205666 ; * Da Dante Alle Alpi vicino Salizada S. Francesco, tel. 041.5285163
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